Lampascione

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Titolo

Lampascione

Descrizione

Muscari comosum (L.) Mill.
BASIONIMO: Hyacinthus comosus L.
SINONIMI: Bellevalia holzmanni Heldr.
Leopoldia anguliflora Lojac.
Leopoldia bonanniana Lojac.
Leopoldia calandriniana Parl.
Leopoldia comosa (L.) Parl.
Muscari cupanianum Gerbino & Taranto
Muscari pyramidale Tausch
Muscari segusianum E.P. Perrier & Songeon
Hyacinthus comosum L.

FAMIGLIA: Asparagaceae

GENERE: Muscari

NOMI LOCALI: cipollaccio col fiocco, cipollaccio, lampasciòne, lampagione, lampasione, giacinto dal pennacchio, muscaro, muscari, muscarino, giacinto delle vigne (o delle viti), cipolla canina, cipolla turchina, cipolla selvatica, cipolla di serpe, porrettaccio, cipollone, zazzeruto, jacìntu campagnòlu, cipuddàzza, cipudduzza calabbrisa, vampasciòne, vambasciòne.
In tedesco si chiama Schopfige Traubenhyazinthe; in inglese Tassel grape-hyacinth; in spagnolo Jacinto comoso oppure hierba de los amores e in francese Muscari à toupet.

PERCHÉ SI CHIAMA COSÌ: secondo alcuni autori "Muscari" deriverebbe dal sanscrito "mushka" testicolo, per la forma dei bulbi, mentre altri lo fanno derivare dal termine arabo "muskarini" che, tradotto in greco diventa "moscûs" μόσχος mòschos muschio, con riferimento all'odore muschiato emanato dalla specie Muscari moschatum Willd. (oggi Muscarimia muscari (L.) Losinsk.).
Il nome specifico, dal latino comosum = chiomato, allude al “fiocco” dei fiori sterili. Il sinonimo Leopoldia è in onore del Granduca di Toscana Leopoldo II.
Per quanto riguarda il nome comune lampagione o lampascione, sappiate che lampascione, nel dialetto salentino, è usato come metafora di testicolo, come il termine sanscrito "mushka", per evidente analogia di forma.
L’etimologia del nome comune lampagione comunque è da identificarsi nel lampàdio citato in una traduzione latina di un pezzo (in greco) di Oribasio (erborista e medico bizantino del IV secolo d. C.).
Potrebbero essere voci connesse con lampascione anche il latino tardo làmpada = fiaccola, e il nome proprio Lampàdium=piccolo vulcano.

DESCRIZIONE: è una pianta erbacea provvista di un bulbo ovoidale di 2-4 cm di diametro; il fusto, privo di foglie, è alto fino a 70 cm e termina con l'infiorescenza. Le foglie, da due a quattro, nascono tutte dal bulbo, sono carnose, scanalate e crescendo diventano lunghe quanto il fusto, e spesso si presentano prostate a terra. La foglia spezzata forma dei filamenti (tutte le foglie delle specie appartenenti al genere Muscari formano filamenti, se spezzate). L'infiorescenza è un racemo terminale formato inferiormente da fiori fertili e terminato all'apice da un ciuffo di fiori sterili (è questo "il fiocco" a cui si riferisce il nome italiano). I fiori fertili sono inseriti con dei lunghi peduncoli all'ascella di piccole brattee biancastre di forma lanceolata, la corolla è cilindrica appena slargata alla base e termina con sei piccoli denti triangolari, il colore è violaceo-olivastro; i fiori sterili sono molto piccoli e di un bel colore violaceo. Il frutto è una capsula subtriangolare che si apre a maturità in tre valve contenenti pochi semi neri.

DOVE CRESCE: questa pianta cresce spontaneamente in tutta Italia, fino a 1500 m di altitudine, e si trova soprattutto negli prati erbosi, nei pascoli e nei coltivi. Pur essendo ubiquitaria in Italia, la sua raccolta, ed utilizzo alimentare, è diffusa solo nell’Italia meridionale (Puglia, in particolar modo).

COSA SI UTILIZZA: il bulbo. Anche se tutta la pianta è commestibile.

QUANDO SI RACCOGLIE: il bulbo si raccoglie in febbraio-marzo prima della fioritura.
Il bulbo, simile ad una piccola cipolla, è tunicato, di colore rossastro; si trova ad una profondità media di 20 cm, l’estrazione richiede grande cura poiché non sempre si colloca perpendicolarmente rispetto alla parte epigea; per chi ha una certa pratica della sua estrazione di solito bastano due o tre colpi con l’attrezzo adatto, ma tutto dipende anche dalla morbidezza del terreno, per cui si consiglia, di raccoglierli dopo una pioggia piuttosto prolungata. Estrarre i bulbi non è comunque facile tanto che nel barese si è soliti dire: "la dá zappá le lambasciuune" indicando che se si vuole raggiungere qualcosa bisogna fare fatica come per scavare un lampascione. Il bulbo va estratto prima della sua fioritura, quando, cioè, sono visibili solo le foglie basali da cui si svilupperà lo stelo, in dialetto neritino "candilòra"; le dimensioni di queste foglie danno un’idea approssimativa della grandezza del bulbo, rispetto alla quale sono direttamente proporzionali.
Attenzione: quando si raccolgono i bulbi, i fiori inconfondibili purtroppo non ci sono ancora, quindi bisogna stare attenti a non confondere i bulbi del lampasciòne con altri bulbi di piante tossiche. Per evitare ciò bisogna ricordarsi la localizzazione dei fiori, bisogna ricordarsi che il bulbo del lampasciòne assomiglia a quello della cipolla ed è rossastro, e soprattutto che le foglie dei Muscari se spezzate fanno i "fili" (vedi foto).

PROPRIETÀ: antiossidanti, ipoglicemizzanti, antifungine (soprattutto nei confronti di Candida albicans), antimicrobiche.
Come l’aglio e le cipolle, contiene molti componenti solforati (ricchi di zolfo), flavonoidi, acidi fenolici, steroli, saponine, pectine. Ha anche un buon contenuto di calcio e vitamine C e A.
Storicamente gli vengono riconosciute notevolissime proprietà afrodisiache. Molte sarebbero le testimonianze di questa virtù negli autori antichi.
La prima testimonianza delle presunte caratteristiche afrodisiache del "bulbus" si ha nel mondo greco in Dioscoride Pedanio (I° secolo d. C.) in De medicinali materia, II, CLXI.
Non dissimile opinione anche in ambito romano: Publio Ovidio Nasone (I° secolo a. C.-I° secolo d. C.) in Remedia amoris, 795-800.
Anche Marco Valerio Marziale, poeta latino del I° secolo d. C. in Epigrammaton libri, III, 75, vv. 1-3, la pensa nella stessa maniera tanto che scrive: "Cum sit anus coniunx et sint tibi mortua membra, nil aliud bulbis quam satur esse potes." "Qualora tua moglie sia vecchia e il tuo membro sia morto, nient’altro puoi che saziarti di lampagioni".
Anche C. Plinio Secondo (I° secolo d. C.) in Naturalis historia, XIX, 30 descrive queste proprietà.
Non poteva mancare Petronio Arbitro (I° secolo d. C.) in Satyricon, 130, col suo Polieno che, dopo aver fatto cilecca con Circe, corre ai ripari così: " [...] mox cibis validioribus pastus, id est bulbis cochlearumque sine iure cervicibus…” (subito mi nutrii dei cibi più adatti, cioè lampasciòni e teste di lumache senza salsa…)”.
Testimonianza di questo leggendario potete "stimolante" ce ne dà anche Ateneo di Naucrati (II°-III° secolo dopo C.). E addirittura nei "Colloquia familiaria" (1522) di Erasmo da Rotterdam viene citata questa temibile particolarità del lampascione! Tra l'altro anche uno dei nomi con cui è chiamato in spagnolo "hierba de los amores" rimarca questa caratteristica. Anche se la scienza non ha dimostrato questa prerogativa, il mio consiglio è di non sottovalutarla e fare numerose prove (per puro amore della scienza, ovvio) 😉

UTILIZZO CULINARIO: i lampascioni si possono semplicemente lessare e condire. Si possono friggere o cuocere alla brace o in forno con le patate. Ottimi con le fave o con le uova; buonissima è anche la frittata. Inoltre si possono fare con le salsicce, o con miele, timo, origano e datteri. Si può fare il risotto, si possono abbinare ai funghi e, ancora, utilizzarli per insaporire gli arrosti. Si possono conservare sott'olio e poi, quelli conservati sott'olio proporli in insalata con melagrana e arance. Insomma, si prestano a tantissime preparazioni. Un consiglio per togliere un po' del loro sapore amaro è quello di sbucciare i lampascioni, lavarli e praticare un’incisione a croce sul fondo di ognuno di essi. Portarli a metà cottura, facendoli bollire in acqua salata per una ventina di minuti. Scolarli e lasciarli in un recipiente con acqua fredda per una notte affinché perdano il gusto amarognolo, cambiando l’acqua almeno una volta. In alternativa si può semplicemente, dopo averli mondati e incisi, lasciarli in acqua fredda per una giornata avendo l'accortezza di cambiare l'acqua in cui sono immersi almeno 3/4 volte.
ATTENZIONE: sappiate solo che fanno fare tantissime scoreggine, quindi magari evitateli se prevedete una serata romantica.

UTILIZZO ESTERNO: in caso di pelli irritate, secche, con foruncoli si possono sfruttare le proprietà emollienti e rinfrescanti, applicando la polpa cotta del bulbo sulle parti interessate interponendo una garza, per 15 minuti.

UTILIZZO INTERNO: le proprietà benefiche si sfruttano mangiandoli nelle varie preparazioni proposte. In alternativa si possono essiccare fiori e foglie per fare degli infusi.

COME SI CONSERVA: i lampascioni possono essere facilmente conservati fino alla stagione successiva ponendoli, senza pulirli, in un contenitore arieggiato e al buio; tuttavia, il trascorrere del tempo provoca una progressiva disidratazione, cui si può ovviare in parte, immergendoli così come sono in acqua per circa un’ora prima di utilizzarli. Una validissima alternativa consiste nel porli, dopo averli mondati e lavati, crudi, in un vasetto e ricoprirli di una miscela di 2/3 di aceto e 1/3 di acqua. In tal modo manterranno quasi integralmente la loro compattezza e potranno essere utilizzati in qualsiasi ricetta come se fossero freschi; basta avere l’accortezza di lasciarli immersi in acqua per un giorno cambiandola ogni due, tre ore, in modo che si attenui il sapore dell’aceto.

COME SI COLTIVA: si può coltivare da seme: i semi, raccolti alla fine dell’estate, si interrano abbastanza superficialmente (anche in vaso), purchè questo sia esposto al sole per almeno due-tre ore al giorno; l’acqua va somministrata moderatamente e con regolarità da febbraio a giugno. Il bulbo diventa di dimensioni adatte al suo utilizzo dopo non meno di quattro, cinque anni; oppure si può partire da bulbillo: si separano, a fine estate, i bulbilli che si formano attorno al bulbo principale e si mettono a dimora definitiva in autunno a una distanza di almeno dieci cm l’uno dall’altro.

CURIOSITÀ: un uso tradizionale del lampascione era quello di "aggiustare" pignate "scattate" (crepate) che venivano saldate impastando la cenere col suo lattice; era anche utilizzato in impiastro per trattare "lu fau" (l’ascesso multiplo).
I siti internet e le sagre dedicate al lampasciòne sono tantissime! Famosa quella che si tiene il primo venerdì di marzo ad Acaya, frazione di Vernole in provincia di Lecce, in occasione della ricorrenza della Madonna Addolorata, nota anche come Matonna de li pampascioni. Un’antica leggenda popolare narra che un 1° venerdì di marzo di più di un secolo fa una barca carica di gente naufragò di fronte alle Cesine; molti dei naufraghi, dopo aver pregato la Madonna Addolorata, riuscirono a mettere piede a terra e nel primo villaggio che incontrarono, Acaya appunto, organizzarono festeggiamenti in suo onore con canti, balli, e lampascioni, di cui la zona è ricchissima.
Il lampagione viene proposto e cucinato anche durante le Tavole di San Giuseppe, festa celebrata il 19 marzo in quasi tutti i centri del Salento.
Nel 2006 a San Severo (FG) è stata creata l’Accademia del Lampascione.
Dal 2006 si tiene annualmente a Trani in novembre una gara dedicata ai Mangiatori di peperoncino e lampascioni.

APPROFONDIMENTO SU LEOPOLDO II (da enciclopedia Treccani): uno dei nomi del Muscari è Leopoldia in onore a Leopoldo II di Asburgo Lorena, granduca di Toscana, che nacque a Firenze il 3 ott. 1797 dal granduca Ferdinando III e dalla principessa Maria Luisa di Borbone figlia del re Ferdinando IV delle due Sicilie. Tornato a Firenze con la restaurazione del 1814, completò gli studi avviati all'estero seguendo lezioni di giurisprudenza, arte e letteratura, occupandosi anche di agricoltura. Si dedicò inoltre a raccogliere e ordinare gli scritti di G. Galilei e pubblicò un'edizione delle poesie di Lorenzo de' Medici, che gli valse la nomina a membro dell'Accademia della Crusca.
Salito al trono il 18 giugno 1824, L. gestì in maniera molto accorta e saggia i suoi territori, e oltre ad alcuni provvedimenti di natura fiscale varati fra il novembre 1824 e il dicembre 1825, che sancirono una notevole riduzione del peso contributivo per tutti gli strati sociali, nel 1825 L. II istituì il corpo degli ingegneri, destinato a rivelarsi uno strumento essenziale per dar corso al grandioso disegno di bonifica della Maremma senese e grossetana e della palude di Castiglione della Pescaia, dove nel 1830 furono deviate le acque dell'Ombrone. Cospicui interventi si ebbero poi nella Maremma pisana, nella Val di Chiana. In tutte le zone risanate, furono costruite strade, case e altre infrastrutture, e si procedette a un vasto piano di frazionamento e di messa a livello teso a favorire la formazione di una classe di piccoli proprietari. Nel 1840 venne poi costituita la soprintendenza agli Studi, che sotto la guida di G. Giorgini provvide al riordinamento dell'istruzione universitaria raddoppiando le facoltà dell'ateneo pisano, creando un collegio filosofico in quello di Siena e, più in generale, introducendo una migliore organizzazione negli apparati universitari e chiamando in essi un corpo docente di notevole qualità. Nel 1839 si riunì a Pisa anche il primo Congresso degli scienziati italiani, alla cui seduta inaugurale volle assistere il 2 ottobre lo stesso granduca.

BIBLIOGRAFIA:
Muscari comosum L. Bulb Extracts Modulate Oxidative Stress and Redox Signaling in HepG2 Cells. Fabiana Giglio et al. Molecules. 2021.

Chelating, antioxidant and hypoglycaemic potential of Muscari comosum (L.) Mill. bulb extracts. Monica R Loizzo et al. Int J Food Sci Nutr. 2010 Dec.

Sub-lethal concentrations of Muscari comosum bulb extract suppress adhesion and induce detachment of sessile yeast cells. Federica Villa et al. Biofouling. 2012.

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